venerdì 5 agosto 2011

L'alpinista valdostano Hervé Barmasse con due compagni spagnoli: è un omaggio alla filosofia di Bonatti

 

 

 AOSTA
Adesso che la solitudine degli Ottomila è stata squarciata dai satelliti, è tempo di tornare alle Alpi. «Di riscoprirle e con loro le grandi vie classiche», dice Hervé Barmasse, guida del Cervino, alpinista estremo di ritorno dall’ultima impresa sul Monte Bianco. Lui che negli Ottomila è stato più volte, che ha firmato prime salite sui «muri» di roccia del Pakistan ha lanciato l’idea del «ritorno all’origine». Ma in chiave moderna. L’anno scorso si è inventato un trittico di arrampicata seguendo nuovi itinerari sulle vette tra le più calpestate al mondo: Cervino, Monte Bianco e Monte Rosa.

Il 2 agosto si è svegliato in vetta al Tetto d’Europa con i suoi due compagni di salita, i fratelli baschi Iker e Eneko Pou, dopo tre giorni di avvicinamento al gigante e di arrampicata. «L’alba a 4780 metri è stato il momento più emozionante». Erano arrivati su quel ghiaccio a mezzanotte, dopo aver compiuto un dislivello di 3300 metri. «Se non è Himalaya, questo», dice Hervé. I tre hanno lasciato l’auto nella Val Veny e hanno affrontato ciò che gli alpinisti di oggi hanno ormai abbandonato per troppa fatica, per pericolo e per difficoltà: la cresta del Brouillard, quella più a Sud delle tre che fanno da contrafforte al versante italiano del Bianco. Una notte al rifugio Monzino, una al bivacco Eccles, quindi la notte sulla vetta e la discesa dal Gouter, sul versante di Chamonix.

Del trittico immaginato da Barmasse, il Bianco doveva essere il simbolo della cordata d’altri tempi con una salita affrontata in chiave moderna. La prima impresa, nella primavera scorsa, su un’inviolata via al Cervino è stata invece emblematica degli Anni 60, quelli in cui gli alpinisti di punta affrontavano le pareti in solitaria. Hervé ha affrontato da solo il «suo» Cervino lungo la via che sale dritta al Picco Muzio, l’unica guglia che concede la piramide. Walter Bonatti concluse la sua epopea di alpinista dell’estremo proprio con una salita da solo e su un itinerario inedito sulla Nord del Cervino. Era il 1965, il centenario della conquista di Edward Whymper.

«A lui dedichiamo la salita al Bianco. E a quelli come lui che hanno sempre inseguito un sogno, con arrampicate che non profanassero i luoghi e che avessero il sapore della scoperta. A lui, a Riccardo Cassin e a Reinhold Messner». Dedica che non cede a nessun tentativo di confronto. Ma la salita di Barmasse e dei fratelli Pou sa di altri tempi, di avventure su pareti faticose e difficili che facevano tenere con il fiato sospeso milioni di appassionati. Il Brouillard, come suggerisce il suo nome, è una calamita del maltempo e la prima «finestra» di sereno ha consigliato ai tre di tentare. Qualche nube, il freddo intenso della vetta, raffiche di vento, «ma tutto è andato come previsto».

Hanno scelto uno dei Piloni che mettono a dura prova le capacità tecniche degli alpinisti: quello definito «di sinistra», poco oltre il Rosso e il Centrale. La «palestra» d’alta quota di Bonatti, che fu ricacciato dal Centrale 50 anni fa nel tragico tentativo che costò la vita a quattro di sette alpinisti, ma che riuscì a risalire il Rosso, battezzato così per il colore del granito.

Hervé e i due baschi si sono trovati di fronte a un ostacolo, la neve, ancora abbondante per la stagione. Hanno scartato l’idea iniziale e si sono infilati nell’alternativa, gli strapiombi mai affrontati prima del Pilone di sinistra. Barmasse: «Nulla di impossibile, sia chiaro, ma di impegnativo sì. Arrampicata varia, splendida». Quattro strapiombi da superare, alternati a creste di «misto» (roccia, neve e ghiaccio) per circa 380 metri. Poi il crestone glaciale che porta al Monte Bianco di Courmayeur, quindi alla vetta. «Sul Cervino è stata più dura - ricorda Barmasse -. Ero solo su una parete sconosciuta e pericolosa. In cordata è un’altra cosa». Arrampicata «pulita», senza trapanare la parete, usando soltanto «dadi» e «friends», sicurezze a pressione che poi vengono sfilate dalle fenditure.

Ora la tappa finale del trittico, il Monte Rosa. Sarà per l’autunno, ma Barmasse non rivela alcunché. Possibile che sarà una grande via di ghiaccio.

font la stampa